Capitolo
10 di I Simboli Precolombiani, Mitologia
- Cosmogonia - Teogonia. Edizioni Mediterranee,
Roma 1993.
Torniamo
ora sulla divisione, già trattata, fra energie discendenti e ascendenti,
che si trovano in costante movimento nel piano intermediario, cioè
nella terra, che sta fra il cielo e il mondo sotterraneo, e che sono quelle
che uniscono e legano queste polarità, e le cui caratteristiche
sono incarnate dai numi, dalle stelle e dalla vegetazione, nella perpetua
battaglia cosmica. Le divinità sono queste energie o attributi dell’unità
indissolubile, del dio sconosciuto e invisibile che abita nel più
alto dei cieli e che, immobile, inventa perpetuamente se stesso, manifestandosi
attraverso emanazioni discendenti che, dopo aver percorso e conformato
tutte le cose, ritornano ad ascendere a lui con il ritmo alternato e ciclico
dell’energia universale, esprimendosi in tre livelli: cielo, terra e mondo
sotterraneo. Essi sono dunque gli dèi intermediari per eccellenza
del piano cosmico, e la loro perrnanente interazione reca in sé
i nomi di tutto il creato.
Questo sposalizio di cielo e terra - o del cielo con il mondo sotterraneo nelle culture che non considerano la triade cielo-atmosfera (uomo)-terra, ma cielo-terra-mondo sotterraneo - è permanente; così gli dèi nascono e muoiono e resuscitano, come gli uomini, e gli astri nel giorno e nella notte, così è anche per la vegetazione nel periodo ciclico annuale, e in generale in ogni concezione di ritorno ciclico, o di ritmo presente in qualsiasi manifestazione.
Il Quetzalcòatl mesoamericano e il Viracocha incaico, insieme a molte altre divinità precolombiane analoghe, come il Gukumatz-Kukulkán maya e il Bochica colombiano, illustrano in modo netto questa interrelazione dell’ascendente-discendente effettuata nel corpo stesso, della divinità. Effettivamente, questi dèi s’incarnano come uomini; muoiono, resuscitano e ascendono nuovamente alla loro dimora. Nel caso particolare di Quetzalcòatl, il suo stesso nome (serpente piumato) simbolizza la congiunzione degli opposti, l’unione di ciò che striscia e ciò che vola, l’energia rappresentata dalla terra e dall’aria che si oppongono e sono in conflitto fra loro, a somiglianza e in corrispondenza con gli altri elementi del cosmo: l’acqua e il fuoco.1 In verità l’energia discendente-ascendente, che Quetzalcòatl incarna e sintetizza, si sdoppia nel piano della terra in cui si manifesta in due paia di simmetrici opposti, come abbiamo detto in questo lavoro. Quetzalcòatl è simbolo dell’energia assiale bipolare alto-basso, la quale incontrando una circostanza adeguata si esprime, generando così il piano orizzontale. Rispetto a questo piano l’energia assiale discendente-ascendente è centrale, giacché allo sdoppiarsi in due paia di contrari - ai quali si trasferisce l’opposizione discendente-ascendente in forma di croce - rimane nel quinto punto, nell’immutabile incrocio, dal momento che la sua forza è quella che ha creato la figura; allo stesso modo è questo asse, al quale tale forza sempre ritorna, per assicurare costantemente il suo equilibrio, mediante il gioco delle tensioni della sua propria struttura, cioè di tutto ciò che essa è. Questo quinto punto corrisponde a Quetzalcòatl come intermediario di queste due energie (ciò che striscia e ciò che vola, l’umano e il divino), le quali, come già si è detto, si congiungono in esso, cossì che gli si attribuisce la creazione, la stabilità e la salvezza, e lo si contrassegna con il numero cinque, numero dell’uomo, e del mistero della sua doppia natura, che può essere unificata nel suo proprio cuore, come dio uomo e uomo dio.
Ora, chiarito una volta di più il ruolo dell’asse, del numero cinque e della sua attribuzione a Quetzalcòatl, ci rimangono da evidenziare gli altri quattro punti del piano orizzontale, e cioè l’energia discendente-ascendente proiettata nel cosmo, che si estende a tutte le cose (nei quattro angoli del mondo, nei quattro colori, nelle quattro stagioni del tempo) e, soprattutto, in questo caso, nei quattro stati apparenti, o ‘elementi’, nei quali si manifesta la ‘materia’: la quale è tale in virtù dell’interazione cruciforme di questi elementi e dei loro movimento di ronda alternata, dove (nello spazio e nel tempo) vanno succedendosi in forma precisa, predominando sempre uno di essi sugli altri. Quest’ultimo fatto si può chiaramente comprendere nella divisione del ciclo in cinque grandi ere, collegate a questi elementi, divisione propria alle civiltà americane.2 Tornando a Quetzalcòatl, indicheremo che esistono diverse versioni della storia di questo personaggio mitico, corrispondenti anche alla verticalità delle sue funzioni come dio, o piuttosto come emissario dell’energia divina. Senza dubbio, tutte queste funzioni confluiscono in questo
schema del discendente-ascendente con certe caratteristiche particolari
o secondarie che è interessante osservare. Quetzalcòatl è
dio del fuoco, e in questo senso il suo sacrificio ripete quello di Nanahuatzìn,
il ‘buboncillo’3
(il creatore, a Teotihuacàn), che viene anche identificato con Huehuetèotl.
È figlio della coppia emanata da Ometèotl e Omechihuatl4
e, come tale, dio discendente. È anche dio dell’aria e pertanto
alito e messaggero divino; come divinità del vento è legata
all’origine dell’acqua, al ‘cuore dell’acqua’, poiché prepara la
via al "passaggio delle piogge"; che annuncia quando termina l’epoca secca,
come emissario della rigenerazione della natura. Con lo stesso significato,
quale araldo del mattino, precede il sole nel suo percorso, e annuncia
il nuovo giorno, agendo così come legame fra le tenebre notturne
e la luce mattutina. Questo ruolo duale è avvertibile anche nel
suo essere ‘dio dei gemelli’ e, specialmente, nel vincolo con il proprio
gemello Xolotl-Venere (come stella mattutina e stella vespertina), che
rappresenta la parte oscura, umida, sotterranea della coppia, della quale
esso sta invece a significare la parte luminosa.
A Teotihuacàn, come in altre manifestazioni di cultura mesoamericana, lo si associa a Tlàloc, e pertanto alla pioggia, alle acque e alla luna; e per questo stesso motivo anche alla fecondazione, alla generazione e alla vegetazione, fatto che ugualmente lo lega alle divinità della terra e della natura. In sé riunisce i quattro elementi che in lui si complementano, e, come divinità discendente-ascendente, ripete costantemente il ciclo universale.5 È la potenza divina in azione, il verbo, e il respiro di questo essere già vecchio chiamato mondo. Questo ruolo intermediario è sempre stato attribuito a Quetzalcòatl - e da lì la sua stretta relazione con il sole - dal momento che è il costruttore del mondo, il demiurgo, parimenti sostegno e colonna del cosmo, e anche il creatore dell’uomo come per esempio già a partire dalle ossa dei defunti, irrigati dal sangue del suo smembramento, come è per altri dèi di diverse tradizioni. È anche divinità che produce il sostentamento, e come tale ‘scopre’ il mais, alimento degli uomini. È educatore, psicopompo, ha elargito la scienza, e dispensa la conoscenza dei misteri cosmogonici e teurgici. È anche salvatore e liberatore, giacché la rivelazione e incarnazione di questa entità, così chiamata, promuove in noi l’iniziazione all’Uomo Vero, all’Uomo Archetipico per eccellenza, modello, simbolo ed esempio da seguire ritualmente per i saggi, i guerrieri, gli artisti e gli agricoltori che formavano la comunità dei popoli americani. Quetzalcòatl sta all’origine (come creatore), nel
mezzo (come sostentatore), e alla fine (come speranza di ritorno, ossia,
la possibilità di essere recepito dall’uomo di oggi nella sua interiorità),
poiché tradizionalmente e unanimemente si attende il suo ritorno
messianico (secondo i principi della tradizione unanime) nel continente
indigeno. Come simbolo del pianeta Venere percorre il mondo sotterraneo,
ed esce vittorioso dalle prove del mondo delle tenebre, alle quali è
sottomesso.6
Quetzalcòatl Topiltzin, re di Tula, la sua immagine storica, agisce allo stesso modo, e ripete un viaggio veramente sotterraneo (o nell’'inframundo’) che include l’ubriachezza e l’incesto - come simbolo di ciò che è fuori o al di là della legge - prima di raggiungere il culmine come astro dell’alba. Divinità centrale dei popoli americani, che lo conoscono con nomi diversi, riunisce in sé le azioni divine, ed è, pertanto, l’immagine più nota della potenzialità dei sacro. Anche le divinità, che il sole e la luna simboleggiano, hanno un aspetto o movimento ascendente e un altro discendente. Il sole compie nel giorno il primo movimento dalla mezzanotte al mezzogiorno, e il secondo da questo alla mezzanotte, passando per il levante e il ponente, e cioè in quattro tappe, che ripete nell’anno dal solstizio d’inverno a quello d’estate, e da questo a quello, passando per gli equinozi. La luna realizza il suo periodo ascendente (o crescente) dalla luna nuova al plenilunio, e il suo discendente (o decrescente), da questo alla luna nuova. Lo effettua in quattro tappe che sono le settimane di sette giorni, di un mese di ventotto: d’altra parte sono tredici le lune che si succedono in un anno, il che somma un totale di cinquantadue settimane di sette giorni (7x52= 364). Però non dev’essere considerato solo questo movimento di energia ascendente-discendente in ogni particolare astro. Si deve tener conto, anche, che nel binomio sole-luna il sole si considera come ascendente (attivo) e la luna come discendente (passiva), il che ha fatto si che le tradizioni precolombiane in generale li abbiano trasformati in marito e moglie, o in fratello e sorella, o in cielo e terra. E se il cielo è padre e la terra madre, questi stessi valori si trasferiscono al firmamento, e sono rappresentati dal sole e dalla luna come divinità intermediarie. D’altro canto, si identifica il sole con il fuoco e la
luna con l’acqua, associandosi l’aria all’espansione solare, e la terra
alla ricettività lunare, e alla sua successiva fecondazione. Parimenti
osserviamo che le divinità discendenti devono essere celesti (poiché
al contrario non potrebbero discendere) e, inversamente, le divinità
ascendenti devono essere vincolate alla terra. Si può immediatamente
osservare che la luna - e in alcuni casi anche il sole. in particolare
il sole di mezzogiorno - è ascendente, in quanto lo si considera
in relazione alla terra, alla crescita, e dla vegetazione, e discendente
relativamente al cielo, fondamentalnente per la sua partecipazione alle
piogge. Dobbiamo dunque ricorlare il carattere duale discendente-ascendente
che queste divinità includono in se stesse, che abbiamo appena evidenziato;
e inoltre la loro perenne interrelazione, il loro contrappuntistico gioco
di opposizioni e corrispondenze, che caratterizza la loro relazione di
vincolo diretto con la maggioranza degli abitanti dello spazio e del tempo.
I poli cielo-terra (o ‘inframundo’) limitano l’universo,
il quale non è se non un piano intermedio fra due elementi, nel
quale abitano non solo gli uomini e i distinti esseri della natura, ma
fondamentalmente gli dèi. Alcuni di questi ultimi sono in relazione
a ciò che è più elevato, altri a ciò che è
sommamente basso e strisciante; i celesti creano e fecondano i terrestri,
i quali lottano per ritornare alle loro origini e identificarsi con i loro
padri. Vi sono anche numerose energie intermediarie che sono numi più
o meno celesti o terrestri o sotterranei, secondo il rango che occupano
nella scala, e cioè la distanza da uno o dall’altro polo, fra i
quali possono evidenziarsi i fenomeni atmosferici, i fiumi, le sorgenti
d’acqua, etc..
La discesa delle energie celesti, la loro permanenza sulla terra (e nell’‘inframundo’) e il loro successivo ritorno ai cieli configurano un ciclo, un’alternanza di discesa-ascesa (il notturno e il diurno), permanente. Le divinità costituiscono le energie di questo tragitto costante che si effettua fra cielo e terra e ‘inframundo’, e ciascuna di esse ripete questa opposizione discendente-ascendente in se stessa - come tutte le cose - e danzano, cantano, dipingono e tessono perennemente il cosmo intero, del quale queste divinità sono le protagoniste. Al pari, tutto questo si produce simultaneamente nell’interiorità dell’uomo, dove si ripetono le gerarchie o piani in forma scalare, che vanno dal più diafano dei nono cielo, cioè dell’impassività eterna del princìpio, fino all’ultimo mondo sotterraneo, l’attività ribollente e oscura della terra e le sue deità infernali. Indicheremo come, allo stesso modo, quando la divinità discende si incarna, si umanizza, e l’uomo, per mezzo dell’invocazione e del rito, si eleva, ascende, si divinizza. In termini teogonici la grazia è discendente, l’orazione e il sacrificio ascendenti. Yolotl Gonzales Torres afferma : "Anche i Tzontemoque, coloro che hanno la testa in giù, erano considerati fantasmi e astri", e aggiunge: "In relazione ai Tzontemoque, bisogna segnalare che questi, in vari codici, sono rappresentati come esseri che discendono dal cielo di testa, a differenza di certi dèi - fra i quali Quetzalcòatl - che discendono pure, però con i piedi, con una corda o per una via. Questi esseri discendenti hanno il corpo dipinto come i Vavantin o morti per sacrificio". Desideriamo evidenziare quest’ultimo paragrafo in cui
l’autrice identifica queste divinità discendenti con i rispettivi
opposti, i morti per sacrificio, fra i quali i guerrieri e lo stesso re-sacerdote
Quetzalcòatl, identificato con il pianeta Venere. D’altra parte,
vogliamo ricordare che Tlachinolli, la ‘guerra sacra’ - la lotta
interna, la lacerazione interiore - in definitiva (poiché tutte
le cose si percepiscono e vengono vissute nel campo della coscienza) si
rappresenta ideogrammaticamente nei codici messicani con i glifi dell’acqua
e del fuoco, elementi rispettivamente discendenti e ascendenti.
Desideriamo insistere sul fatto che gli dèi più alti dei cielo comunicano con la terra per mezzo delle divinità del piano intermedio, cioè attraverso i pianeti e le stelle - specialmente il Sole, la Luna, Venere e le Pleiadi - in stretta relazione con la misura armonica del tempo, i fenomeni atmosferici e i numi del tuono, del lampo (e dei fulmini), del vento e della pioggia, divinità creatrici, in quanto fecondatrici e rigeneratrici.7 In termini generali, possiamo dire che gli antichi americani concepivano il cosmo come un essere gigantesco i cui occhi erano il sole e la luna o le stelle, il suo respiro vitale il vento, sua voce il tuono, sua arma (sguardo = freccia) il raggio, e il suo pianto la pioggia. Questo indica una concezione della divinità, che si esprime attraverso la parola di un dio, esemplificata dai suoi attributi, o, che è lo stesso, dai numi planetari e atmosferici, gerarchizzati in piani e cieli, figli dei Dio Uno e della sua Dualità Primigenia. Tali attributi, nella loro tensione dialettica, sono capaci
di produrre la reazione necessaria - fecondatrice e rigeneratrice - nelle
divinità della terra, che, con la loro partecipazione, possono completare
un ciclo ordinato che dà così luogo alla vita universale;
possono in tal modo stabilire l’equilibrio del cosmo, tramite la possibilità
di ascendere nuovamente alla loro origine, come per un’offerta sacrificale
alla divinità ultima, il cui alimento è simbolicamente la
vita, la fioritura, il mais, gli animali, e anche l’uomo.
Gli dèi più popolari sono logicamente quelli della terra e quelli atmosferici, perché la loro stessa condizione li rende più accessibili alla maggioranza, mentre gli dèi astrali o celesti, essendo più elevati e astratti, si trovano più lontani per la loro stessa natura intangibile. Questa stessa organizzazione gerarchica esiste all’interno di ciascuna coscienza individuale, riguardo al processo della Conoscenza. Nello schema della civiltà azteca, il più astratto corrisponde al cielo più alto e alla casta sacerdotale; il più materiale corrisponde a ciò che è più basso, alla casta dei macehualli. Il punto centrale lo occupa il sole - la casta guerriera - come figlio e nipote del Padre e dell’Antenato divini, e la luna come suo elemento complementare. Certamente, si trasmettono al sole gli attributi degli dèi più alti, e ciò coincide con il passaggio dalla casta sacerdotale a quella guerriera, (da Quetzalcòatl a Huitzilopochtli) e l’allontanamento della divinità più alta, in virtù di queste leggi cicliche che costituiscono l’universo. Un esempio evidente della inversione discendente-ascendente è il fuoco: come principio celeste è discendente; gli Aztechi lo vedevano in tre stelle, mamalhuaztli, a immagine delle quali producevano, per sfregamento di due di esse, il fuoco fisico. Però, ovviamente, come realizzazione terrestre è ascendente, essendo senza dubbio questi due fuochi analoghi, rappresentazioni di uno stesso principio polarizzato, congiunto nell’uomo, capace di comprendere in sé questa inversione primigenia, e utilizzare il fuoco terrestre come immagine derivata da una comune origine, che da questa prospettiva si presenta dunque come ascendente, e cioè come un ritorno all’identità dell’essenza.8 Si dà il paradosso che le divinità discendenti siano le più elevate, e quelle che ascendono le più basse. Questo principio risulta più evidente se messo in relazione al duplice percorso che si deve compiere, e al rovesciamento - come all’analogia - che sta nei due diversi punti di vista, e che nell’uomo si traduce in una eterna contraddizione fra le sue due nature, secondo la prospettiva che assume rispetto ad esse. Osserviamo anche che Ometecutli - il signore duale - inviava il suo calore e le sue emanazioni alle donne incinte, a coloro che dovevano generare la vita sulla terra. Si ricordi inoltre che le partorienti morte nel dare alla luce, erano considerate come guerrieri, e come tali accompagnavano il sole in parte del suo percorso trionfale. D’altro canto, le divinità della pioggia sono anch’esse particolarmente magiche, giacché la loro azione costante è quella che produce il fruttiferare della terra, la vita, e si considera sacro il loro perpetuo andarsene e ritornare, il discendere come acqua, e il loro ritorno - entrando in contatto con la terra - trasformate in vapore e nuvole per tornare, ferite dal fulmine, a fecondare nuovamente il mondo. Non vi è popolo che non abbia conosciuto questo processo, sebbene non se lo spiegasse in termini scientifici o filosofici. Annoteremo anche che il sangue dei sacrificati, liquido sacro, era denominato ‘acqua preziosa’, chalchihuatl. Questo liquido, come il pulque,9 riuniva in sé la contraddizione simbolica dell’acqua e del fuoco, e affratellava, nel corpo divenuto sacro, senza alcun pregiudizio, il "bene" e il "male", il vizio e la virtù.10 Decine sono gli esempi precolombiani di ciò che stiamo affermando, e si notano forse con più facilità nelle divinità degli Indios del Nord e del Sud America, nei Caraibi e nella regione maya, che nel pantheon più complesso e dai molteplici aspetti degli Aztechi, popolato di numi in costante lotta dinamica e con attributi intercambiabili. Inoltre, già sappiamo che enumerare gli dèi non significa parlare delle divinità, né del concetto del sacro. Comunque gli attributi divini, e cioè l’identificazione delle divinità e delle loro funzioni, è importante per la lettura dei codici mesoamericani, dove queste appaiono combinate con numeri, mesi, giorni e altri numi ed espressioni del sacro, in una danza di colori cangianti, in un caleidoscopio di significati.11 Altri temi che appaiono invariabilmente, come quello della
dualità, (coppie, gemelli), quello delle gerarchie fra i mondi e
i cieli (padre, figli, dèi, entità intermediarie, etc.),
quello della verginità della madre, il diluvio (in relazione alle
grandi ère), quello della creazione per mezzo della parola, e dei
ritorno della divinità alla fine del ciclo, sono quelli relativi
al percorso del Sole, della Luna e di Venere.
Questi pianeti sono, per antonomasia, i viaggiatori celesti, e il loro percorso invariabile segna le norme del modello cosmico. Tutti questi pianeti navigano nel cielo - ciascuno a suo modo - , attraverso l’oceano siderale, dalla linea dell’orizzonte orientale al tramonto occidentale, dove scompaiono, per morire nell’'inframundo’ - paese dei morti, della dissoluzione, notturno e larvale - ch’essi percorrono per trionfare siúla morte, e rinascere e tornare a crescere, e completare nuovamente il ciclo. Il sole discende attraverso una porta - l’anello [il cerchio] di ponente, nel gioco della ‘pelota’ - e ascende attraverso l’altra - l’anello [il cerchio] del levante -, dopo aver sopportato esilio, prigione e morte nel mondo sotterraneo, resuscitando come un corpo celeste, che allontana le possibilità delle tenebre e del male che gli si oppongono. Per gli Egizi, questo percorso si realizzava all’interno del corpo della dea Nut, la quale, ripiegata su se stessa, formando quattro colonne con le braccia e le gambe, partoriva suo figlio il sole, che era riassorbito da lei stessa al finire del giorno. Il simbolo del serpente con due teste, una ad ogni estremo del corpo, si trova in tutta l’estensione nell’antica America, sebbene sia praticamente universale (ricordare la ‘anfisbena’, etc.). Si ritrova questo strano animale anche nel sistema simbolico mesoamericano, e lo si suole assimilare al cielo, ed anche alla terra, sua controparte invertita, come se entrambe fossero le due metà di una sfera o di un quadrato in forma di losanga, e cioè la figura simbolica di una doppia piramide (o cono) unita per la base che divora il sole che torna ad uscire da fauci dall’altro estremo. Alcuni autori segnalano il suo simile iconografico nel drago estremo orientale. In tutte le tradizioni queste due porte (simbolo di passaggio) sono state messe in relazione con i due solstizi e gli equinozi dell’anno, o con l’epoca della siccità o delle piogge, in relazione al perpetuo ripetersi del ciclo cosmico. Questa circostanza rende questi ‘viaggiatori’ veri intermediari e signori, poiché con il loro comportamento rivelano il piano cosmico, e pertanto il pensiero del loro creatore, che li trasforma in ierofanti o psicopompi, vale a dire messaggeri divini, iniziatori ai misteri e alla sacralità della vita; questa concezione trova equivalenza nell’uomo americano, il quale attraverso i riti di iniziazione ripete il gesto creatore, partecipa alla generazione di un mondo luminoso e ordinato, sempre nuovo e intoccato dentro di sé, che dà validità e ragione alla sua esistenza. Poiché, essendo figlio della madre terra, come il mais, che è stata fecondata dal cielo, si erge come intermediario che riunisce ambo i princìpi, fatto che lo rende capace di ascendere, di ritornare nuovamente al cielo, e di li tornare a discendere, se fosse necessario, eseguendo il compimento della legge ciclica.12 Questa è forse la caratteristica basilare dell’Unità Archetipica e Originale fra le diverse tradizioni, in vario modo espressa nella totalità delle società e dei loro simboli, che queste culture abbiano, o no, prodotto alte civiltà. Traduzione e note:
Agnese Sartori.
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NOTAS | |
1 | L’acqua è fredda e il fuoco è caldo. In modo somigliante, l’aria è secca (e calda) e la terra è umida (e fredda). Come già si è detto, si crede che l’equilibrio di questi elementi instabili - che si contengono gli uni negli altri - configuri la salute umana, o ciò che è equivalente, quella dell’organismo sociale. Dovremmo ricordare qui la ronda degli elementi della tradizione classica greco-romana - e di altre civiltà - equivalente alla successione degli stati della ‘materia’ e alla loro trasformazione e ripetizione perpetua dei ciclo. Questa concezione è presente nelle tradizioni precolombiane, specialmente in riferimento alle Grandi Ere o cicli cosmici. |
2 | A volte la divisione del ciclo, in certi calcoli, si effettua solamente per quattro, poiché in questi casi non si prende in considerazione il punto centrale. Aggiungeremo che gli Indios Washo di California hanno un mito creazionale nel quale un enorme incendio brucia la terra. Le fiamme giungono al cielo e raggiungono le stelle, che cadono, provocando un’inondazione, dalla quale gli uomini cercano di salvarsi costruendo una torre. |
3 | Letteralmente ‘piccolo bubbone’, perché coperto di pustole. Appare nel mito azteco della creazione, quando il dio fuoco Huehuetèotl chiese che qualcuno si sacrificasse perché il fuoco era molto debole; Nanahuatzin si gettò nel fuoco, così ad oriente apparve il sole. (N.T.) |
4 | "Signora della divinità duale", come Ometecutli è "Signore della divinità duale", rispettivamente manifestazione femminile e maschile della divinità duale Ometèotl (Pantheon Azteco). (N.T.) |
5 | Diamo importanza agli ‘elementi’ o stati apparenti della materia e alla loro fluidità - che siano presi come princìpi o qualità sensibili della materia - per comprendere la cosmogonia e teogonia degli antichi americani, non solamente perché essi così concepivano la realtà, ma anche perché queste tradizioni, inoltre, - forse per i loro costanti spostamenti - si trovavano strettamente vincolate alla natura, come manifestazione evidente della sacralità, come realizzazione di un principio del quale essa è la qualità sensibile. Dobbiamo chiarire che questa natura non ha niente di ‘naturale’ rispetto a quello che oggigiorno s’intende per questo termine, e nemmeno con quello che gli ‘scopritori’ e i ‘colonizzatori’ intendevano per tale nei secoli XVI e XVII (si veda le Historias Naturales de las Indias). |
6 | Il pianeta Venere descrive nel cielo un percorso ‘eccentrico’ che comprende anche un movimento retrogrado. Il periodo di Venere è di 584 giorni, e si divide in quattro parti: durante 250 giorni è la stella vespertina, poi diventa invisibile per 8 giorni, appare di nuovo come stella mattutina per 236 giorni, e sparisce infine per 90 giorni, per tornare ad essere nuovamente la stella vespertina, etc.. Se prendiamo come punto di partenza Venere in un giorno nel quale appare alle sei del pomeriggio, vicino a ponente, dopo il tramonto del sole, possiamo osservare che, a partire da questo momento, nei giorni seguenti, alla stessa ora, Venere si allontana dal ponente, e appare a maggior altezza finché la sua elongazione massima raggiunge i quarantasei gradi, rimanendo poi stazionaria per vari giorni. Dopo si va avvicinando ogni volta di più a ponente, fino a sparire, essendo in congiunzione col sole. Ha realizzato un movimento retrogrado. In seguito torna ad apparire a levante, come stella mattutina, fino a raggiungere nuovamente un’elongazione di quarantasei gradi, dove si mantiene stazionaria, per ritornare - in movimento diretto - ogni volta di più verso l’Oriente, e sparire un’altra volta nell’altra congiunzione solare, che si distingue dall’anteriore chiamandola inferiore e superiore. Come dire che il movimento chiamato diretto è quello che si effettua da sinistra a destra, come le lancette dell’orologio, e il retrogrado è l’inverso: cioè, il primo movimento si realizza compiendo una circonvallazione dell’asse che rimane sulla destra, e il secondo tenendo l’asse alla sinistra. È necessario chiarire che le culture precolombiane prendevano in considerazione la nascita di Venere all’Est, dove iniziava il suo percorso. Per gli Aztechi, il ciclo cominciava con ‘Ce-acàtl’, segno dell’Est e di Quetzalcòatl - Venere. |
7 | Secondo l’austerità quasi schematica propria della civiltà incaica, a Cuzco, il tempio del sole o di Coricancha, aveva anche due recinti per il culto della luna e delle stelle, e per gli dèi del tuono e del lampo, così come per l’arcobaleno, simbolo universale del passaggio e della comunicazione. |
8 | Fra i Muiscas, i peccati più gravi erano puniti con lo spegnimento dei fuoco centrale, il focolare domestico, il che equivaleva alla morte civile e fisica. (N.T.: Muiscas: popolazioni dell’altopiano colombiano.) |
9 | Bevanda fermentata che si ottiene dalla pianta del Maguey. (N.T.) |
10 | Uno dei "presagi" della fine della cultura azteca fu che si incendiò il tempio di Huitzilopochtli, in Messico, a Tenochtitlàn, e le fiamme erano ogni volta più ravvivate in misura dell’acqua che veniva gettata per spegnerle. Qui predominò nettamente un elemento con l’esclusione completa del suo opposto. |
11 | Si deve rimarcare che molti degli elementi o segni dei calendari precolombiani sono animali, come ugualmente negli zodiaci e costellazioni del Vecchio Mondo. L’idea che l’Universo intero, o certe sue parti siano assimilate al mondo animale è unanime nelle diverse tradizioni di cui abbiamo notizia. Ciò è in perfetta relazione con l’idea di un cosmo animato nella sua totalità, e pertanto in ognuna delle sue manifestazioni, il che dà un fondamento alla possibilità di agire magicamente in esso. |
12 | Così come c’è una parte, la più alta nel cielo, che non si esprime, e che chiamiamo il ‘non manifestato’, come dire una modalità dell’Essere Universale (o della divinità che giammai discende), analogicamente ci sono agli antipodi certe divinità sotterranee o terrene che non possono ascendere, conformando costantemente la materia passiva o negativa della creazione. Ed è nel piano intermedio-discendente-ascendente, dove si rende possibile la congiunzione di queste energie, e la reintegrazione con il proprio sé. |
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